Solennità di Maria Ss. Madre di Dio, 1° gennaio 2015

03-01-2015

Solennità di Maria Ss. Madre di Dio, 1° gennaio 2015

 

Fratelli carissimi, il beato Paolo VI ha voluto legare la Solennità di Maria Ss. Madre di Dio alla Giornata Mondiale della Pace.  Sono ormai 48 anni che questa tradizione si rinnova, con messaggi pontifici tanto luminosi quanto puntuali. Il tema scelto da Papa Francesco per quest’anno – Non più schivi, ma fratelli – richiama la Lettera di san Paolo a Filemone, nella quale l’Apostolo chiede al suo collaboratore di accogliere Onesimo, diventato cristiano, “non più come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo” (v. 16). La conversione di Onesimo a Cristo costituisce una “nuova nascita” che manifesta la sua dignità filiale e rigenera la fraternità, vincolo fondante della vita familiare e basamento della vita sociale. In quanto fratelli e sorelle tutte le persone sono per natura in relazione con le altre; purtroppo, l’uccisione di Abele da parte di Caino attesta tragicamente il rigetto radicale della vocazione ad essere fratelli. Chiediamoci come noi, in quanto comunità o in quanto singoli, ci sentiamo interpellati dalla domanda posta dal Signore a Caino dopo l’uccisione di Abele: “Che cosa hai fatto del tuo fratello?” (cf. Gen 4,9-10).

“Fin da tempi immemorabili – scrive il Papa –, le diverse società umane conoscono il fenomeno dell’asservimento dell’uomo da parte dell’uomo. Ci sono state epoche nella storia dell’umanità in cui l’istituto della schiavitù era generalmente accettato e regolato dal diritto. Oggi, a seguito di un’evoluzione positiva della coscienza dell’umanità, la schiavitù, reato di lesa umanità, è stata formalmente abolita nel mondo. Il diritto di ogni persona a non essere tenuta in stato di schiavitù o servitù è stato riconosciuto nel diritto internazionale come norma inderogabile. Eppure, malgrado la comunità internazionale abbia adottato numerosi accordi al fine di porre un termine alla schiavitù in tutte le sue forme e avviato diverse strategie per combattere questo fenomeno, ancora oggi milioni di persone vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù. Oggi come ieri, alla radice della schiavitù si trova una concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come un oggetto”.

Accanto alla causa ontologica della schiavitù, identificata nel “rifiuto dell’umanità nell’altro”, altre cause concorrono a spiegare le forme contemporanee di schiavitù: la povertà, il sottosviluppo, l’esclusione, il mancato accesso all’educazione, le scarse se non inesistenti opportunità di lavoro. “Non di rado – lamenta Papa Francesco – le vittime della schiavitù sono persone che hanno cercato un modo per uscire da una condizione di povertà estrema, spesso credendo a false promesse di lavoro, e che invece sono cadute nelle mani delle reti criminali che gestiscono il traffico di esseri umani. Occorre un triplice impegno a livello istituzionale di prevenzione, di protezione delle vittime e di azione giudiziaria nei confronti dei responsabili”. Il Papa ci avverte che la nostra preghiera per la pace non sarebbe gradita al Signore se non ci impegnassimo a vincere ogni forma di schiavitù.

Fratelli carissimi, non facciamoci illusioni: la schiavitù è una piaga subdola e latente anche nel nostro tessuto sociale. Se non osiamo chiederci, nel timore di essere condannati dal tribunale della coscienza, se difendiamo i poveri o ci difendiamo da essi e quale sia lo spazio, anche solo interiore, che riserviamo ai fratelli immigrati, non possiamo esimerci dal considerare come trattiamo, in termini di rispetto dei diritti del lavoro, coloro a cui abbiamo appaltato il compito di prendersi cura degli anziani, gravati dal peso della solitudine più che dal carico degli anni. Mi corre l’obbligo, in questa circostanza, di dare voce sia al grido silenzioso degli ospiti di quelle residenze che proteggono gli interessi economici più che gli anziani, sia all’appello che mi ha rivolto, di recente, una persona la quale mi ha pregato di denunciare quella intollerabile forma di schiavitù, fatta di indifferenza e di disprezzo, riservata ai pazienti che hanno necessità di ricorrere ai centri di salute mentale. Questo duplice grido, come il sangue di Abele, cita in giudizio ciascuno di noi e tutte le istituzioni, che non possono limitarsi a delegare al volontariato i servizi sociali.

“La globalizzazione dell’indifferenza chiede a tutti noi di farci artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità”. La guerra non incomincia nel campo di battaglia, ma nel cuore, campo minato dall’indifferenza. “Per fare la pace – ammette Papa Francesco – ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra. Ci vuole coraggio per dire sì all’incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza. La storia ci insegna che le nostre forze non bastano. Non rinunciamo alle nostre responsabilità, ma invochiamo Dio come atto di suprema responsabilità, di fronte alle nostre coscienze e di fronte ai nostri fratelli. La spirale dell’odio e della violenza può essere spezzata con una sola parola: fratello. Ma per dire questa parola dobbiamo alzare tutti lo sguardo al cielo, e riconoscerci figli di un solo Padre. Sia Lui a donarci il coraggio di compiere, con pazienza e perseveranza, sia gesti concreti per costruire la pace sia scelte di dialogo e di riconciliazione, perché vinca finalmente la pace”.

La pace è un dono da ricercare pazientemente e costruire “artigianalmente” mediante piccoli e grandi gesti che coinvolgono la nostra vita quotidiana. Il cammino della pace si consolida se riconosciamo che tutti abbiamo lo stesso sangue, se non dimentichiamo di avere un unico Padre e di essere suoi figli, “plasmati a sua immagine e somiglianza”. Non le armi, ma il dialogo, il perdono e la riconciliazione sono gli unici strumenti possibili per conseguire la pace. “Costruire la pace è difficile – ammette Papa Francesco –, ma vivere senza pace è un tormento”. In questo impegno ci guidi e ci sostenga il “Principe della pace” che, per renderci tutti fratelli, si è fatto nostro servo. A Maria Ss., Madre di Dio e della Chiesa, presentiamo i nostri propositi di bene e il nostro impegno in favore della pace; a Lei, “Regina della pace”, chiediamo di stendere su di noi e su tutti i giorni del nuovo anno il manto della sua protezione materna.

 

+ Gualtiero Sigismondi, Vescovo di Foligno