DIOCESI DI FOLIGNO – SINTESI ASSEMBLEA DIOCESANA 2021
Sintesi Unità pastorale San Benedetto da Norcia
Il Covid ha riportato in famiglia il valore del tempo, del tempo da passare insieme, del deserto come condizione esistenziale di privazione ma anche di dar valore a ciò che è essenziale (in questo è stato illuminante il brano del vangelo); la dimensione della famiglia è stata vissuta in parrocchia dove anche la parrocchia si è fatta presente andando verso le famiglie; la proposta concreta è stata quella di sperimentare e proporre la dimensione del piccolo gruppo anche all’interno degli oratori perché nel piccolo gruppo si sperimenta la dimensione dell’intimità e della possibilità di comunicare ed essere ascoltati tutti coinvolgendo più persone per la gestione di piccoli gruppi esattamente come l’esperienza di ieri e di oggi.
Sintesi parrocchie di Spello e di Limiti
All’assemblea hanno preso parte i componenti, per lo più insegnanti e pensionati, dei rispettivi Consigli Pastorali delle parrocchie di Spello e di Limiti.
Prima domanda: la nostra Chiesa nel post pandemia
Famiglia è stata la parola chiave del dialogo: dal confronto, infatti, è emerso come l’esperienza della pandemia abbia chiesto alla Chiesa locale di continuare a rimanere accanto alle persone, seppure con modalità differenti e linguaggi nuovi, durante il lockdown. Ciò nonostante, l’impossibilità di frequentare fisicamente i luoghi sacri ha responsabilizzato ancora di più le famiglie nella trasmissione della fede alle nuove generazioni. Così, la convivenza forzata con i propri cari è diventata l’occasione per riscoprire alcuni preziosi valori come l’importanza dei piccoli gesti quotidiani che sono venuti meno e il senso di protezione nei confronti del prossimo che poteva rimanere contagiato nell’incontrarsi.
Non solo: il non poter partecipare alle celebrazioni liturgiche, soprattutto nei tempi forti, ha rappresentato la chiave per prendere più coscienza di quanto fosse importante per ciascuno la preghiera personale. Ci si è sentiti chiamati in gioco in prima persona nello scegliere di vivere in casa la Santa Messa e ci si è resi conto che non era più possibile delegare ad altri l’educazione cristiana dei propri figli. Ne è conseguita una crescita anche spirituale dei cristiani che si riconoscono, oggi, con una fede rafforzata sebbene, di fronte alla possibilità di frequentare di nuovo le chiese, si è assistito a una scarsa presenza dei fedeli per via del timore di ulteriori contagi. Con il tempo, tuttavia, si sta riscoprendo ora il senso comunitario dell’Eucaristia e la bellezza di aver incontrato nuovi amici e nuove relazioni del tutto impensabili prima del Covid.
Seconda domanda: famiglia e comunità
Il senso di comunità matura soltanto se si responsabilizza il singolo cristiano. Il Covid, però, ha completamente stravolto la vita degli adulti che faticano ora sempre di più nel recuperare un proprio equilibrio. Nonostante le difficoltà, tuttavia, la parrocchia continua a rappresentare una dimensione strettamente connessa alla famiglia. Soprattutto in un’area rurale come quella della zona pastorale in esame, la parrocchia, infatti, è proprio il contesto in cui conoscere nuove persone e costruire nuovi legami. In questo modo, le famiglie che nascono si spendono per la parrocchia, vi collaborano e vi trovano una propria identità senza che nessuno si senta di troppo. La responsabilità nei confronti dell’educazione e della crescita dei più giovani, inoltre, è percepita a livello comunitario e proprio nei momenti più delicati dell’adolescenza, le famiglie (e forse ancora di più le madri) diventano il tramite per mantenere un legame tra le nuove generazioni e le parrocchie.
Terza domanda: famiglia e oratorio
Si scopre il valore della Chiesa, della parrocchia e dell’oratorio soltanto se in esse vi passa la bellezza e il fascino di Gesù Cristo. Di conseguenza, diventa fondamentale il coinvolgimento delle famiglie e degli educatori che, senza un’adeguata formazione, rischiano di far diventare gli oratori una mera alternativa ai centri estivi privati. Nel territorio diocesano, inoltre, una simile esperienza è ben radicata, pertanto, si può proporre di estendere, con modalità differenti (per esempio con l’aiuto compiti), l’oratorio durante tutto l’anno liturgico: quanto appreso e vissuto tra settembre e maggio a livello teorico, potrebbe poi trovare applicazione nei campi estivi in cui andrebbe coinvolta l’intera comunità, per esempio anche attraverso delle testimonianze, così da progettare un cammino che duri nel tempo. L’interazione con le famiglie, protagoniste reali dell’esperienza educativa dell’oratorio, inoltre, faciliterebbe anche la creazione di una rete di laici che alleggerirebbe i parroci già oberati di lavoro. A tal fine, sarebbe pure opportuno investire nella cura degli ambienti durante tutto quel periodo in cui l’oratorio non può essere vissuto, sfruttando, magari, i fondi comunali.
Sintesi Unità pastorale beato Pietro Crisci
Parole chiave prima domanda:
Famiglia chiesa domestica.
Riscoperta di essere famiglia e importanza della relazione.
La famiglia non è solo quella di sangue.
Riconoscere le cadute date dalla nostra umanità e le carezze di Dio attraverso i fratelli vicini.
Parole chiave seconda domanda:
Comunione e relazione tra famiglia e comunità.
La parrocchia come famiglia per chi è solo e gli anziani.
Parole chiave terza domanda:
Oratorio di famiglie
Far riscoprire la parrocchia e l’oratorio come luogo di incontro e di dialogo permanente.
Sintesi Unità pastorale Paolo VI
Prima domanda
In questo tempo di pandemia come docente ho colto qualcosa di positivo anche dalle nuove tecnologie. Non farci prendere dalla paura questa è stata la tentazione più grande e la fede mi ha aiutato a non vedere l’altro come un nemico ma come un fratello. La tecnologia ci ha permesso durante la pandemia di unirci, di farci sentire “apparentemente” come comunità. Quello che è pesato la mancanza della presenza fisica. Non dobbiamo dimenticare la perdita di persone care e i posti vuoti in Chiesa ce lo ricordano. Dobbiamo cercare di recuperare le relazioni e personalmente questo tempo di pandemia mi ha fatto molto riflettere sulle priorità della vita.
Seconda domanda
Ho vissuto una bellissima esperienza di catechismo come coppia e non bisogna essere gelosi o invidiosi di altre esperienze dove ci può essere il coinvolgimento di tanti giovani attraverso anche l’attività di un prete carismatico ma condividere. E’ importante in un quartiere che gruppi di famiglie si ritrovino insieme e testimonino con la loro presenza la bellezza della fede. La Domenica poi è il momento centrale per crescere come comunità di famiglie. I giovani sono una provvidenza divina e dove si trova un prete carismatico, insieme a validi collaboratori, che si dedica con tutto il cuore con l’evangelizzazione, con progetti,….. questo attira i giovani che hanno bisogno di ritrovare punti di riferimento.
Terza domanda
I bambini hanno un sacco di attività collaterali ma pensare un oratorio aperto tutto l’anno in cui coinvolgere i vari talenti delle famiglie (es. coinvolgere i docenti in pensione per fare l’aiuto compiti e varie attività a livello laboratoriale) e studiare vari momenti in cui ritrovarsi insieme. Le famiglie possono programmare insieme con il consiglio pastorale varie attività anche dal punto di vista dell’iniziazione cristiana ma il nostro “agire pastorale” deve scaturire prima di tutto da una condivisione spirituale. Come operatori pastorali fare più esperienze di condivisione del proprio vissuto di fede alla luce della Parola di dio e dell’Adorazione Eucaristica.
Sintesi Up. San Domenico
Riscoperta della centralità della famiglia nel ruolo educativo. Educare alla vita alle relazioni al senso di responsabilità e alla comunione. La centralità della persona umana e del suo valore. Per corsi personalizzati per singole famiglie dove tutti all’interno della famiglia sono coinvolti. È emerso il bisogno primario delle relazioni e della cura vicendevole. Pregare insieme come famiglia. È il villaggio che educa. Pastorale del campanello. La famiglia entra nei diversi ambiti della parrocchia con il suo specifico. Educare all’ attenzione agli ultimi. Crescere insieme in corresponsabilità
Sintesi parrocchia San Feliciano – SS. Salvatore
Prima domanda
La Comunità, durante il lockdown, ha sperimentato un evidente senso di precarietà; la pandemia ha pure messo a nudo anche una certa povertà di fede della nostra gente. La nostra Chiesa ha dovuto affrontare un vero e proprio sconvolgimento dei modelli comunicativi durante questo tempo complesso. Di fronte alla proibizione delle riunioni pubbliche per motivi sanitari, c’è stato, da parte della Chiesa locale, un tentativo di risposta:
- a) Messe online;
- b) Istruzione religiosa trasferita su canali telematici;
- c) È aumentata l’offerta degli aiuti spirituali con l’utilizzo dei Social;
- d) Si è dato maggiore spazio alla preghiera personale e in piccoli gruppi
Ritornando verso una lenta normalità, è necessario ripartire dalla persona o dal piccolo gruppo, ove sperimentare l’esperienza di accoglienza reciproca, prendersi cura delle persone, prendersi cura dei giovani. Tornare lentamente alla sistematicità, porto sicuro in questo tempo di disorientamento. Ma tutto ciò postula formazione, sostanziata da competenze bibliche, teologiche, psicopedagogiche.
Seconda domanda
La famiglia è il luogo delle forme primarie delle relazioni umane, ed è in queste relazioni che ogni uomo fa esperienza degli apprendimenti decisivi. Questo tipo di esperienza, se ben vissuta, prepara un legame fiducioso nell’àmbito della vita comune.
Nella società e nella parrocchia, la famiglia tenta di svolgere un ruolo costante di servizio alla vita, anche se numerose sono le difficoltà.
La parrocchia può offrire un’importante missione, poiché essa è custode del vangelo sulle nozze, narra il vangelo sulla famiglia, e con essa vive uno stretto legame nel dèdalo delle vie del territorio su cui essa insiste. Curare le famiglie. Tutte. Partire da quelle più vicine per raggiungere quelle maggiormente ferite. Accogliere, avere pazienza, empatia, attenzione per l’altro. Anche questo richiede formazione.
Terza domanda
L’oratorio può essere, per i nostri ragazzi, un ottimo luogo di autonomia [sì, ok, controllata!] che aiuta a prendere distanza dalla propria famiglia come condizione utile al proprio processo di crescita. Le Famiglie potrebbero essere maggiormente coinvolte
nella progettazione delle esperienze di oratorio. La presenza di adulti in un tale ambiente aiuta sicuramente lo sviluppo del dialogo inter-generazionale. Se poi dei giovani incontrano lì anche degli adulti cristiani credibili, la bella esperienza comunitaria potrebbe assumere un sapore diverso, ancora più umano, poiché “chiunque segue Cristo, uomo perfetto, si fa lui pure più uomo” (Gaudium et Spes, n. 41)
Sintesi parrocchia S. Maria in Campis
Prima Domanda
Ricerca della prossimità nella distanza; nostalgia della comunità e della comunione nella solitudine dell’isolamento; necessità di ascoltare e curare le relazioni; ricerca di alleanza; umiltà e importanza di andare al passo degli ultimi; ricerca dell’essenziale, che è costruire una comunità accogliente; riscoperta di essere tutti connessi.
Seconda domanda
Come premessa si contesta il paradigma della parrocchia come famiglia di famiglie (meglio definirla comunità) e l’assunto che la fede si debba ricevere e vivere in famiglia; tutti i partecipanti hanno scelto la fede come libera risposta ad una chiamata in una comunità accogliente (non nella famiglia, che pure li ha formati umanamente), dove si viene ascoltati e riconosciuti come parte; la fede è vissuta senza complessi come un fatto personale e non familiare, anzi non si ritiene giusto dare per scontata la superiorità dell’esperienza familiare di fede che la domanda sembra suggerire; ciò che importa è la relazione persona-comunità.
Terza domanda
Oratorio come responsabilità dell’intera comunità (e non delle sole famiglie) che instaura una relazione educativa accogliente e permanente (non solo estiva) con i ragazzi (e solo eventualmente con le loro famiglie); necessità di formazione degli operatori, che non possono improvvisare; centralità del ruolo degli adulti (non solo dei genitori); oratorio come luogo in cui si evangelizza ascoltando i ragazzi.
Sintesi Unità pastorale San Marone e Madonna di Loreto
- Riflettere su di sé e il nostro essere
- Germogli di fede in famiglia: la preghiera
- Il covid ha portato a una unione in famiglia, grazie ai nonni che sono stati le vere fondamenta
Importanza della comunicazione e della tecnologia per creare e mantenere relazioni, anche se ci si è aggrappati troppo alla paura delle restrizioni
A volte c’è Stato un egoismo nel curare solo la propria famiglia
Gli abitanti della montagna si sono ritenuti “più fortunati” in confronto della città poiché loro in isolamento già “ci vivono” quotidianamente anche senza covid. Alcune attività in parrocchia hanno favorito il ritorno dell’intera famiglia e non del singolo. Imparare quando non c’è nessuno…a dire…lo facciamo lo stesso! Poi piano piano si vedono i frutti.
Proposta: gli adulti hanno bisogno dei giovani per riscoprire perfino la propria giovinezza… tutti insieme in piazza…e i giovani hanno bisogno delle famiglie che credono nell oratorio x far sentire così una sola famiglia…. UN ORATORIO DI FAMIGLIE. Il sogno di ritornare come negli anni 60 quando la casa del parroco era già oratorio… perché luogo di incontro e aggregazione.
Sintesi Unità pastorale Giovanni Paolo II
La pandemia ci ha fatto fare un’esperienza comune di vita, ci siamo resi conto delle difficoltà di tante persone, abbiamo avuto il pensiero della solitudine altrui e ciò ci ha fatto uscire dal “nostro guscio”, ci ha smascherati e ci ha resi più uniti. Partendo da sentimenti comuni negativi legati alla pandemia si è arrivati ad esperienze positive di RISCOPERTA di atteggiamenti di cura verso gli altri e si è raggiunta la consapevolezza che solo con il contatto quotidiano si possono dissolvere le paure. Se è vero che si è accentuata la differenza tra chi aveva il dono della fede e chi no, è emerso che la cosa fondamentale è la PRESENZA, testimoniare che Gesù è presente e vivo e anche se ci sono persone che non cercano Gesù l’importante è che noi ci siamo.
La parrocchia fa emergere i talenti di ciascuno, è “famiglia” perché ti fa esprimere, ma molte volte non rispetta i tempi della famiglia. Quando sono richiesti dei servizi da svolgere, si devono chiedere in base ai tempi della famiglia. L’oratorio è la vita della chiesa che pulsa, deve essere per tutte le età e in ogni orario, nel senso che la parrocchia deve attingere dalla famiglia la flessibilità che la contraddistingue. La parrocchia deve FAR CRESCERE LA FAMIGLIA, NON DIVIDERLA, e questo è possibile chiamando le persone giuste al momento giusto; l’esperienza dell’oratorio non deve essere solo un momento strutturato a monte ma deve essere frutto di un tener conto di tutta la famiglia. Durante la pandemia infatti la famiglia si è RISCOPERTA quindi l’oratorio dovrebbe essere pensato come un momento inclusivo per tutta la famiglia e per ogni fascia di età, anche se prioritario ora sembra recuperare la fascia dei giovani.
In generale, serve intelligenza nel trovare gli strumenti e nuove forme di “fare oratorio”, creando una rete tra parrocchie, famiglie e realtà territoriali. Oltre all’importanza della presenza della FAMIGLIA nell’oratorio, sarebbe importante che le diocesi investissero sull’oratorio e su famiglie che, formate e sostenute dalle diocesi appunto, sentano il desiderio e la chiamata a farne parte.
E’ importante infine, in questa fase, non disperdere la SINERGIA che si è creata in questo tempo di difficoltà tra coloro che in parrocchia sono sempre stati (“lo zoccolo duro”) e ricominciare a coinvolgere gli altri pian piano, partendo dai loro interessi.
Sintesi Unità pastorale Giovanni XXIII
Prima domanda
Durante i mesi più acuti della pandemia c’è stata una grande dispersione della comunità parrocchiale. Un generale senso di smarrimento. Quando non si poteva portare la Comunione agli ammalati è stato un momento molto duro con tanta sofferenza. I mezzi di comunicazione hanno permesso di tenere viva la preghiera, sono aumentati i simboli religiosi in casa (immagini, piccoli altari, lumi, fiori, la Bibbia…) ma una volta riaperto al culto in presenza, il numero dei fedeli alla Messa è ulteriormente calato. Se non si torna alla Messa e all’Eucarestia, la fede si perde. La pandemia ha indicato le cose essenziali ma tra queste Dio non c’è. Le persone si sono sentite lasciate sole, c’è bisogno di una Chiesa che vada a suonare il campanello di chi conosce o di chi vuole conoscere. In questo la Chiesa si è lasciata andare. Le persone hanno continuato ad avere fede, ma la Chiesa è ancora troppo distante. Pur comprendendo che il numero dei preti non permette lo stile della parrocchia di una volta, però c’è bisogno di più stabilità non tanto per la confessione quanto per la direzione spirituale. La solitudine dei ragazzi deve spingere la Chiesa a farsi di nuovo punto di riferimento per creare relazione. Imparare a fare piccoli gruppi, inventare strategie senza contatti, pensare ad una pastorale in situazione, meno programmata. Non dimenticare le buone pratiche che la Chiesa già conosce. I cristiani devono annunciare Cristo anche nella cultura e nella politica perché i mezzi di comunicazioni sono una continua contro catechesi.
Seconda domanda
Non ti senti più chiamato “per nome” o per la tua specificità. Solo annunci parrocchiali generici. La Chiesa ti chiama personalmente però, solo se ti conosce, se sa chi se e come ti chiami. La pandemia ha accentuato dei problemi che già le persone avevano con la Chiesa. La Chiesa deve adeguarsi ad una società che cambia (qui sono emersi racconti di sofferenze personali). Le persone non partecipano alla vita della parrocchia perché non vedono la comunità. Una comunità attraente lo è, se è di Cristo.
Terza domanda
Si può parlare di oratorio come parcheggio o è sempre un servizio che si fa alla famiglia? Attorno al prete ci devono essere le persone ma il prete deve lasciare spazio a chi si vuole impegnare. Chiedere ai genitori un po’ di tempo e di collaborazione, anche poco.