Le monache di Vallegloria dal Papa

Nel contesto dell’anno santo della misericordia, Papa Francesco ha invitato in Vaticano la comunità delle suore di clausura del monastero delle clarisse urbaniste di Santa Maria di Vallegloria, a Spello, in diocesi di Foligno. Si tratta del monastero che, secondo la tradizione, fu fondato intorno al 560 da alcuni seguaci di san Benedetto e poi riformato nel 1230 da due discepole di Chiara d’Assisi, Balbina e Pacifica. Le religiose derivano il loro nome da quello di Papa Urbano iv, che nel 1263 promulgò la Regola delle suore di santa Chiara professata dalla comunità. Passato attraverso numerose vicende storiche, il monastero ha subito ingenti danni a causa del terremoto che nel 1997 ha colpito l’Umbria e le Marche e ha costretto la comunità ad alloggiare a lungo prima nelle tende e poi in un container nel loro orto, per non rompere l’impegno della clausura. Solo quattordici anni dopo, nel 2011, sono potute rientrare nelle loro celle.
 
Nel corso dell’incontro, svoltosi nella mattina di giovedì 25 agosto, nella Casa Santa Marta, il Pontefice ha consegnato alle religiose — e simbolicamente a tutte le claustrali — la costituzione apostolica Vultum Dei quaerere del 29 giugno scorso, che sessantasei anni dopo la Sponsa Christi di Pio xii riprende e approfondisce gli aspetti essenziali della vita contemplativa femminile, introducendo alcune significative novità soprattutto sulla formazione, sull’autonomia e sul ruolo delle federazioni. Da parte loro, le clarisse hanno donato al Papa una copia fedelissima del crocifisso di San Damiano, dipinta dalla badessa Maria Chiara Mosetti.
 
Ad accompagnare le clarisse era il vescovo di Foligno, monsignor Gualtiero Sigismondi, che è anche presidente della commissione per il clero e la vita consacrata nell’ambito della Conferenza episcopale italiana; anche a lui Francesco ha consegnato la copia della costituzione apostolica. «Siamo uscite per la prima volta in forma comunitaria dal monastero» spiega la badessa, confidando un’emozione forte. Con ciascuna di loro Francesco si è intrattenuto a colloquio, salutandole personalmente: le clarisse sono ventiquattro — tutte italiane tranne tre filippine — più una novizia e due postulanti. Un ricordo particolare, confidano, hanno avuto per madre Giacinta, scomparsa due anni fa, che ha avuto «un ruolo particolarmente significativo nella vita della comunità». Sono religiose, afferma il vescovo, che «vivono nella semplicità, nell’umiltà e nella libertà», secondo il loro carisma francescano, e si rifanno a santa Chiara rilanciandone il profilo essenziale di donna «nobile per nascita ma ancor più per grazia».
 
Non è mancato un momento di preghiera comune, vissuto in uno spirito di gioiosa e fraterna condivisione spirituale: intorno alle ore 10.20 il Papa ha presieduto la messa nella cappella di Casa Santa Marta. Hanno concelebrato il vescovo Sigismondi e monsignor Yoannis Lahzi Gaid.
 
Al termine della celebrazione le religiose si sono recate nella basilica vaticana per una visita, ma soprattutto per attraversare la porta santa e dare così un ulteriore sigillo giubilare all’incontro con il Papa. In basilica, le clarisse hanno anche recitato tutte insieme il Credo e hanno pregato davanti allee tombe dei santi Papi Giovanni xxiii e Giovanni Paolo ii. Poi, a conclusione della mattinata, il Pontefice ha condividere con loro il pranzo, in semplicità. Con un ospite di eccezione, visibilmente emozionato: Claudio Testasecca, l’autista del pullman, che ha accompagnato le religiose in tutto il loro percorso, partecipando anche all’offertorio della celebrazione eucaristica.
 
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