Per loro non c’era posto

20-12-2015
“Per loro non c’era posto”

    In quella “placida notte”, avvolta nel silenzio, Maria e Giuseppe non trovano alloggio a Betlemme: “Per loro non c’era posto” (Lc 2,7). L’eco di queste parole, che la liturgia proclama nella Messa di mezzanotte, risuona nel Prologo di Giovanni il giorno di Natale: “La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno accolta” (Gv 1,5).
    L’attualità di queste parole è sorprendente se si pensa al flusso migratorio, provocato dalla miseria e dalle guerre, che ha reso il bacino del Mediterraneo un cimitero, una fossa comune, e le frontiere dell’Europa un muro di bronzo o, al limite, un muro di gomma.
    L’attualità di queste parole è preoccupante se si pensa alla forte contraddizione tra l’irrigidimento delle frontiere e l’indebolimento del processo di integrazione culturale, che mette il veto persino sul concerto di Natale, “sconcertato” senza Tu scendi dalle stelle.  
    L’attualità di queste parole è disarmante se si pensa alla “strage degli innocenti” che continua a mietere vittime a causa dell’incapacità di avvolgere nelle fasce dell’amore l’alito di vita, il germe di vita deposto nella “mangiatoia” del grembo materno.
    L’attualità di queste parole è devastante se si pensa alla numerosa schiera di giovani che, dopo aver conseguito un titolo di studio – anche accademico! –, non possono progettare il loro futuro perché nemmeno all’estero c’è un alloggio per la loro speranza.
    L’attualità di queste parole è sconvolgente se si pensa alle persone diversamente abili o agli anziani “scartati” e dimenticati come “rottami” in quelle residenze, chiamate “protette”, che ospitano la loro inguaribile solitudine e la loro incurabile delusione.
    L’attualità di queste parole è deprimente se si pensa ai conflitti che lacerano il tessuto familiare, riducendo lo spazio riservato al focolare domestico ad un campo di battaglia, minato da rancori e inimicizie, che solo il dialogo e il perdono possono bonificare.
    Davanti al presepio, guardando la grotta in cui Maria e Giuseppe hanno trovato un riparo a Gesù Bambino, non cerchiamo un alloggio per lo stoccaggio dei regali natalizi ma mettiamoci in ginocchio in pensosa adorazione e chiediamoci se sappiamo scorgere l’Emmanuele nel volto di coloro con i quali Egli stesso ha voluto identificarsi: i piccoli e i poveri, gli ammalati e gli esclusi.
    Se abbiamo una seconda casa o un appartamento vuoto, che ha la muffa come inquilino, e non sappiamo aprire la porta a chi è forestiero, non pretendiamo – in nome di un malinteso spirito di accoglienza e di laicità – di congelare i simboli della tradizione del Natale.
    Se abbiamo un doppio lavoro, che arrotonda l’avidità più che lo stipendio, è opportuno ricordare che il superfluo equivale agli interessi maturati da chi è disoccupato, che rimane a carico dei genitori a tempo indeterminato e rinuncia a formare una famiglia. 
    Se abbiamo un parente malato o anziano abbandonato in una “casa di riposo”, non rivendichiamo i diritti degli eredi senza adempiere i doveri dei figli, perché chi dimentica il quarto comandamento ha già scordato non solo il primo ma anche tutti gli altri.
    “Per loro non c’era posto”: davanti al presepio lasciamoci colpire dalla “spada affilata” di queste parole e quando sentiamo che ci hanno ferito il cuore – soltanto dopo! – intoniamo il Gloria. Non c’è porta più santa di un cuore aperto! 

+ Gualtiero Sigismondi