Veglia di Pentecoste

07-06-2014

Veglia di Pentecoste, 7 giugno 2014

 

Il tempo pasquale copre lo spazio che separa il Sepolcro dal Cenacolo: il Sepolcro vuoto è l’epicentro del gran terremoto che ha scosso gli inferi spezzando le catene della morte (cf. Mt 28,2); il Cenacolo è il baricentro della pienezza della gioia pasquale, che ha dato inizio al cammino della Chiesa (cf. At 2,1-13). Una tradizione antica identifica il Cenacolo con la piccola sala, ora di impianto medievale, dove il Signore ha consumato l’ultima Cena con gli apostoli, dove, risorto, è apparso in mezzo a loro, dove lo Spirito è sceso su di essi riuniti assieme a Maria, la madre di Gesù. ‘La Chiesa ‘ ha esclamato Papa Francesco durante la celebrazione da lui presieduta nel Cenacolo ‘ è nata in uscita: è partita con il Pane spezzato tra le mani, le piaghe di Gesù negli occhi, e lo Spirito d’amore nel cuore (‘). Il grande fiume della santità della Chiesa prende origine dal Cenacolo, dal Cuore di Cristo, dall’Eucaristia, dal suo Santo Spirito’.

Il mistero della Pentecoste costituisce il ‘battesimo della Chiesa nello Spirito santo’, è un evento che le ha dato la forma iniziale e la spinta per la sua missione. La Pentecoste è il luogo e l’orizzonte permanente della genesi ecclesiale, in cui si evidenziano i suoi tratti definitivi. Proprio a Pentecoste la Chiesa nasce come collegio degli apostoli radunato in unità intorno a Pietro e a Maria. Proprio a Pentecoste la Chiesa parla già tutte le lingue, rivela la sua natura universale e cattolica, che precede ogni particolarismo. Proprio a Pentecoste si può cogliere poi la perenne origine ‘dall’alto’ della Chiesa, che è garanzia della sua oggettiva santità, della vita nuova che essa veicola. Fin dalla Pentecoste, dunque, la Chiesa emerge con tutte le sue note peculiari che risplendono nella loro originaria pienezza e bellezza: unità, apostolicità, cattolicità e santità.

‘L’altezza della Chiesa ‘ osserva Papa Francesco ‘ si trova sempre negli abissi profondi delle sue fondamenta. Il domani della Chiesa abita sempre nelle sue origini’. La forza della Chiesa non dipende dalla sua capacità organizzativa, ma dalla potenza dello Spirito santo, che la ringiovanisce con ‘l’acqua viva’ della Parola e la rinnova con la ‘fiamma viva’ dei Sacramenti. È Lui che, attraverso le azioni liturgiche, compie l’opera della nostra redenzione; è Lui che, sostenendo la fede degli apostoli e accreditando la testimonianza dei loro successori, ‘introduce la Chiesa nella pienezza della verità’; è Lui che, ‘con la forza del Vangelo, fa ringiovanire la Chiesa, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo’ (Lumen Gentium, 4). Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium Papa Francesco scrive che ‘ogni volta che cerchiamo di tornare alla fonte e recuperare la freschezza originale del Vangelo spuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più eloquenti, parole cariche di rinnovato significato per il mondo attuale. In realtà, ogni autentica azione evangelizzatrice è sempre nuova’.

Ringiovanire la Chiesa e rinnovare la terra: questi sono i ‘gemiti inesprimibili’ (cf. Rm 8,26) dello Spirito che ‘dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio’. Fare nuove tutte le cose è, per così dire, il ‘movente’ della Pentecoste che ha aperto la porta dell’evangelizzazione. Mentre il giorno di Pasqua ‘erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei’ (Gv 20,19), il giorno di Pentecoste lo Spirito santo, ‘quasi un vento che si abbatte impetuoso’ (cf. At 2,2), le ha spalancate e ha spinto i discepoli a uscire fuori. È per questo che Papa Francesco non si stanca di ripetere che l’ultima parola di Gesù ai discepoli è il comando di partire: ‘Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli’ (Mt 28,19). L’ultima parola di Gesù è, in un certo senso, la ‘parola chiave’ della Chiesa.

‘Con l’aiuto del popolo santo di Dio, che ha il polso per individuare le strade giuste ‘ ha raccomandato di recente Papa Francesco ai Vescovi italiani ‘, è necessario non attardarsi su una pastorale di conservazione ‘ di fatto generica, dispersiva, frammentata e poco influente ‘ per assumere, invece, una pastorale che faccia perno sull’essenziale, disposta ad attraversare la piazza e non a rimanere a sedere ai piedi del campanile. I piani pastorali servono, ma la nostra fiducia è riposta altrove: nello Spirito del Signore che, nella misura della nostra docilità, ci spalanca continuamente gli orizzonti della missione. Sta a noi cogliere il soffio della sua voce per assecondarlo con l’offerta della nostra libertà, riconoscendo con stupore e gratitudine che tutto è grazia, perfino le fatiche e le contraddizioni le quali, a volte, si rivelano crogiolo che purifica’.

‘Vieni, santo Spirito ‘ canta la Sequenza di Pentecoste ‘ lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina; piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato’. Questa ‘raffica’ di richieste manifesta l’ardente desiderio della Chiesa di vincere ogni lacerazione e discordia, poiché la mancanza di unità, sintomo di scarsa passione missionaria, spegne lo Spirito e atrofizza il Corpo ecclesiale. L’unità è la terra buona in cui fiorisce la missione, che non teme la diversità ma i protagonismi, autentica minaccia per la vita della Chiesa. La diversità non compromette l’unità, ma la promuove come multiforme armonia, distinguendola nettamente dalla sua contraffazione: l’uniformità, che ‘va di pari passo con la rigidità’.

Fratelli carissimi, se i protagonisti della Veglia pasquale sono il fuoco e l’acqua, due elementi della natura che si oppongono ma che la liturgia fa incontrare nell’immersione del cero nel fonte battesimale, i protagonisti della Pentecoste sono due alleati: il vento e il fuoco (cf. At 2,2-4). Come il vento, mutando direzione, apre nuovi fronti al fuoco, così la brezza dello Spirito ravvivi la fiamma della carità: faccia ‘un rogo solo dei nostri orgogli’ e ci conceda di conservare l’unità; rinnovi la faccia della terra con il ‘vincolo della pace’; abbatta gli orgogli di razza e di cultura, apra una breccia nel muro di separazione che divide Israeliani e Palestinesi e tutte le nazioni in guerra. ‘Costruire la pace è difficile ‘ avverte Papa Francesco ‘, ma vivere senza pace è un tormento’.

 

+ Gualtiero Sigismondi, Vescovo di Foligno