S. Messa celebrata con il Clero della Diocesi nella Chiesa del Monastero di Sant’Anna, davanti alla Madonna di Foligno di Raffaello

22-01-2014

Madonna di Foligno ‘ Monastero di Sant’Anna, 22 gennaio 2014


 


Sostando davanti a questa tela, autentico miracolo del genio umano, nessuno può sottrarsi alla seduzione di riconoscere che l’arte è capace di esprimere e rendere visibile il bisogno dell’uomo di andare oltre ciò che si vede. L’arte manifesta la sete e la ricerca dell’infinito, anzi, è come una porta aperta verso Dio, sorgente di ogni bellezza. Rimane profondamente vero quanto ha scritto un grande artista, Marc Chagall: che i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell’alfabeto colorato che è la Bibbia.


In questa pala d’altare, insigne memoria di Raffaello, risalta la bellezza celestiale della Vergine Maria, la quale, uscendo ‘come una Sposa dalla stanza nuziale’ del cielo (cf. Sal 19,6), trae a sé gli sguardi dei diversi personaggi, ‘unico oggetto dei loro omaggi e delle loro preci’. Il Bambin Gesù scivola dalle ginocchia della Madre, che lo trattiene mettendo appena due dita entro la cintura di stoffa che lo avvolge. Egli, nel ripetere l’onda quieta del movimento materno, sembra impaziente di raggiungere il piccolo compagno che, estasiato, tiene in mano la targa senza scritta che, ‘secondo un’abile regia, consente ad ogni spettatore di proiettare sul dipinto un proprio messaggio interiore’. Grande è la tentazione di riempire quella targa, e tuttavia è bene lasciarla vuota, perché il cuore rimanga aperto alle sorprese dell’amore di Dio.


Contemplando la Madonna di Foligno si ha la consapevolezza che l’eccellenza di quest’opera supera ogni immaginazione. Nell’ammirarla basta un attimo e non è sufficiente l’eternità: basta un attimo, perché la splendida gamma cromatica si incide nella memoria visiva; non è sufficiente l’eternità, perché la disarmante bellezza verginale di Maria suscita un vero e proprio dibattito tra stupore e meraviglia. Dinanzi a questa pala d’altare si rimane senza fiato perché mostra la Madre di Dio col volto colmo di sorpresa, specchio di un cuore carico di attesa. Inquadrata sullo sfondo del disco solare, Maria è seduta su un trono di nubi e circondata da una corona di figure angeliche, intenta a tenere in braccio, stupita, il Figlio suo. Piuttosto che indicarlo, come fa il Battista, invita a volgere lo sguardo su di Lui con un delicato cenno del capo.


‘Nella figura di Giovanni Battista ‘ rileva con grande attenzione il Vasari ‘ si conosce quella penitenza, che suol fare il digiuno, e nella testa si scorge una sincerità d’animo, ed una prontezza di sicurtà come di coloro, che lontani dal mondo lo sbeffano e nel praticare il pubblico odiano la bugia, e dicono la verità’.


Sigismondo de Comitibus, il committente che fu segretario di Papa Giulio II, sembra tremare di stupore e di passione. ‘Quasi curvato dal peso della rigida cappa ‘ osserva G. Lattanzi ‘, che si sparge come un dilagar di sangue sulla terra fiorita, egli unisce le mani emergenti dall’ampio velluto delle maniche (‘). La bocca è percorsa dalle pieghe di un tremito: è stretta in un quasi angoscioso desiderio di dire parole d’amore che la lingua, annodata dalla commozione, non potrà mai pronunziare. La Vergine sorride dall’alto, ma gli occhi dell’uomo che l’adora, perduti entro l’orbita quasi buia, sembrano lacrimare per la febbre che li affascina’.


Colpisce, nell’insieme della scena, il tappeto di lana soffice che sostiene il piede sinistro della Vergine e del Bambino. Chissà cosa avrà inteso dire Raffaello con questo particolare? Forse, questo raggio di luce che attraversa le nubi vuole manifestare quello che il cuore della Vergine e del Bambino intendono confidare non solo al committente ma anche allo spettatore, tenuto sotto osservazione dal leone che, mansueto come un agnello, è appostato ai piedi di san Girolamo, il quale accarezza il capo di Sigismondo in segno di benevolenza. San Francesco, in posizione diametralmente opposta a quella di san Girolamo, con la stessa postura del corpo, con il gesto delle mani, una delle quali tiene la croce, e con la luminosità dello sguardo, manifesta l’agilità dello slancio della sua preghiera d’intercessione.


Davanti a questa insigne opera d’arte, che nasce dalla fede e la esprime, lo sguardo è rapito dal volto della Vergine e richiama alla mente l’invocazione, rivolta a Dio, suggerita dalla liturgia: ‘Guarda la Madre del tuo Figlio e ascoltaci’. La voce della Chiesa orante, memore delle parole del Magnificat (cf. Lc 1,48), domanda al Padre di continuare a tenere fisso lo sguardo su Maria, perché nei suoi occhi materni risplendono i nostri volti; le sue pupille sono, per così dire, un incrocio di sguardi! Pertanto, la lex orandi non osa chiedere a Dio di prestare orecchio alle nostre voci, ma ha l’audacia di supplicarlo di non distogliere lo sguardo dalla Vergine Maria i cui occhi riposano su di noi come lo Spirito santo riposa su di lei.


Grandissima è la gioia, che oggi condivido assieme al Presbiterio diocesano, di restituire a questo capolavoro, nei giorni della sua esposizione straordinaria, l’originaria vocazione di pala d’altare. Non posso fare a meno di confidare che ogni volta che presiedo l’Eucaristia nella Cattedrale di San Feliciano poso lo sguardo, per ben tre volte, sulla riproduzione della Madonna di Foligno che sovrasta il trono episcopale. Lo faccio durante la processione d’ingresso per chiedere alla Madre di Dio di benedire l’intera assemblea; lo ripeto prima di salire all’ambone per domandare alla Vergine di suggerirmi le parole adatte per dire la Parola; lo faccio ancora una volta al termine della celebrazione: mentre scendo i gradini dell’altare innalzo gli occhi verso il volto della Madonna chiedendole di farsi interprete della mia gratitudine presso il Figlio suo.


Fratelli carissimi, davanti a questa pala d’altare, che cattura lo sguardo, è risuonato nella liturgia il grido di Davide il quale, davanti a Golia, manifesta la propria fiducia nel Signore: ‘Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l’asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti’ (1Sam 17,45). La Vergine Maria metta sulle nostre labbra questo grido e, fra le vicende della vita, ci aiuti a conservare la dolce e confortante gioia che ‘Dio solo è la nostra forza’.


 


+ Gualtiero Sigismondi, Vescovo di Foligno