Lettera aperta alla parrocchia

Lettera aperta alla parrocchia a conclusione della Visita pastorale


 


Parrocchia carissima, traendo spunto da don Primo Mazzolari ‘ figura di spicco della Chiesa italiana della prima metà del Novecento ‘, che con una schiettezza pari alla lealtà ha avuto la felice intuizione di scrivere una Lettera su di te, oso indirizzarti una lettera aperta, che invio ‘ per conoscenza ‘ a tutti coloro che parlano della tua missione pastorale ‘opportune et importune’.


C’è chi ne parla per difenderti a spada tratta, pienamente convinto della tua dimensione popolare di vicinanza alle case della gente, di capillare porta d’ingresso alla fede cristiana e all’esperienza ecclesiale, ma non del tutto consapevole della tua vocazione missionaria.


– C’è pure chi ne parla per difendersi, ossia per chiudersi dentro l’orizzonte offerto dal tuo campanile, ignorando la tua dipendenza dalla Chiesa particolare, a cui è strettamente legata la tua appartenenza alla Chiesa universale.


– C’è persino chi ne parla per conferirti, non senza gratitudine, la medaglia al ‘valore pastorale’, nella consapevolezza che hai ‘combattuto la buona battaglia’ della ‘salus animarum’ e hai persino ‘conservato la fede’, ma hai pure ‘terminato la tua corsa’.


– C’è addirittura chi ne parla con diffidenza, ritenendoti, se non proprio un ‘rottame pastorale’, un ‘pezzo d’antiquariato’ o comunque un ‘oggetto da museo’, illustrato da questa laconica didascalia: ‘fontana del villaggio ormai sigillata’.


– C’è anche chi ne parla con troppa sicurezza, smaniando di versare ‘vino nuovo in otri vecchi’, anziché ‘vino nuovo in otri nuovi’ (cf. Lc 5,37-39), magari con il proposito di rinnovarti, ma con il risultato di spaccarti e, per giunta, di versare fuori il vino.


– C’è infine chi ne parla con entusiasmo sincero, con la stessa rettitudine d’intenzione dello scriba di evangelica memoria il quale, divenuto ‘discepolo del Regno’, ‘è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche’ (Mt 13,52).   


Come vedi, carissima Parrocchia, sono in molti a tenere fisso lo sguardo su di te, forse con la nostalgia della simpatia, ma non con la lungimiranza della profezia, che unisce alla pazienza dell’attesa l’intelligenza dei ‘segni dei tempi’. Non temere l’intraprendenza di chi ti ritiene inadeguata o la reticenza di chi ti considera sorpassata e neppure la sufficienza di chi stenta a riconoscere la tua lunga esperienza pastorale. Abbi coscienza della tua natura e della tua missione; abbi cura di metterti alla scuola dello Spirito santo guidata dalle Scritture; abbi il senso dei bisogni veri e profondi di chi bussa alla porta della canonica. Non entrare nel vicolo cieco della ‘febbre organizzativa’ o del ‘male della pietra’ e non accontentarti di moltiplicare ‘iniziative prive di iniziativa’, che potrebbero dare l’impressione che tu sia un’azienda anziché una famiglia. Non limitarti a presidiare i confini del tuo territorio ‘ potresti soffrire di asma pastorale! ‘, ma abbi l’audacia di presiederlo con l’ansia apostolica di tracciare percorsi di ‘nuova evangelizzazione’, riscoprendo la ‘grammatica di base’ del ‘primo annuncio’. Presta attenzione alla vita sociale, senza complessi d’inferiorità, vincendo ogni forma di chiusura, di distrazione, di indifferenza e di sonnolenza e, soprattutto, superando l’idea che la vita cristiana sia una specie di abito da vestire in privato o in particolari occasioni.


Parrocchia carissima, ti raccomando di non dimenticare che la Parola convoca la comunità cristiana e l’Eucaristia la fa essere un solo Corpo. L’ambone e l’altare formano, infatti, un’unica mensa, sulla quale i due modi di presenza del Pane, che è Cristo, s’intrecciano e si sostengono mutuamente. Tieni bene a mente che ‘la fede nasce dall’ascolto e si rafforza nell’annuncio’; secondo Madeleine Delbrêl, ai cristiani resta solo la scelta: essere missionari o dimissionari! Esplora, dunque, la ‘frontiera’ della missione coltivando e dilatando gli strumenti e gli spazi della comunione, poiché ‘la concordia è il presupposto della Pentecoste’. Valorizza gli organismi di partecipazione, ispirandoti non alla logica parlamentare della maggioranza ma al criterio sinodale della convergenza. Riconosci la necessità e l’importanza delle unità pastorali, che non sono sovrastrutture amministrative, ma infrastrutture sinodali che esprimono lo spirito missionario dell’ecclesiologia di comunione del Concilio Vaticano II. Non guardare con alterigia alla pietà popolare, ‘vero tesoro del popolo di Dio’, ma purificala da eventuali eccessi e rinnovala nei contenuti e nelle forme. Affida all’oratorio il compito di rivelare il volto e la passione educativa della Chiesa per le giovani generazioni, coinvolgendo animatori, catechisti e genitori. Investi sulla ‘piccola chiesa domestica’, avendo ben chiaro che se non ti dedichi a riconquistare la famiglia alla fede il tuo impegno per la ‘nuova evangelizzazione’ sarà sempre una rincorsa affannosa. Scommetti sull’Azione Cattolica, riconoscendo il suo ‘genio formativo’, senza trascurare di accogliere con l’entusiasmo della gratitudine il ‘genio missionario’ delle nuove aggregazioni ecclesiali, che ti assicurano un prezioso supporto di energie evangelizzatrici: guardati dalla tentazione di ‘spegnere lo Spirito’! (cf. 1Ts 5,19). Abbi il coraggio di passare dalla pastorale del ‘campanile’, diretta alle folle, a quella del ‘campanello’ ‘ anche il tuo nome evoca la casa: parà oikìa! ‘, configurata secondo il ‘modello catecumenale’.


Parrocchia carissima, sei tanto veneranda quanto venerabile, e tuttavia tieni presente che il tuo santo Protettore non è Simeone, ma Zaccaria! Il tuo cantico ‘ te lo dico senz’indugio! ‘ non è il Nunc dimittis, ma il Benedictus, perché ‘ come era solito affermare don Primo Mazzolari ‘ ‘la bellezza di ogni creatura è nella sua capacità di rinnovarsi’.


 


Foligno, 18 maggio 2013


 


+ Gualtiero Sigismondi

18-05-2013