“L’imperativo del bene comune” – editoriale apparso nella “Gazzetta di Foligno”

18-02-2018
L’imperativo del bene comune
 
“Mai come oggi – avverte il card. Gualtiero Bassetti – serve una politica coraggiosa che sceglie come norma di indirizzo l’imperativo del bene comune”. Un politico che sia veramente tale non si circonda di privilegi e non si lascia condizionare dalla smania di essere rieletto. Edificante, al riguardo, è la lettera che Giovanni Battista Montini inviò a suo padre, il 17 marzo 1924, alla vigilia delle elezioni del 6 aprile, alle quali Giorgio Montini, non senza esitazioni, decise di ricandidarsi. “È veramente un lavoro difficile quello di mantenersi fedeli all’antica concezione d’una politica rigorosamente autonoma e sinceramente aperta a comprendere ogni possibilità di concordia. Sono spesso preoccupato di quale sarà l’avvenire del popolo italiano che si addestra ogni giorno di più a una mentalità settaria quando difende un programma, e alla spavalda sconfessione dei programmi quando ci trovi interesse. Lo sfoggio delle pose eroiche fa pietà, quando si pensi su che misere virtù personali, su che concetti egoisti si fondi. Chi più osa, sembra cittadino più meritevole (…). Caro papà, valuto invece con compiacenza lo sforzo, come il tuo, di quelli che cercano ragioni superiori di coerenza e di moralità politica per rimanere sul campo della competizione, piuttosto che ritirarsi a criticare, e a sognare (…). Uno dei pericoli più gravi per un paese è che dalle sue correnti politiche debbano esulare gli onesti, i probi, i competenti, è quindi atto di civile virtù restare anche quando si debba restarvi come superati e come sconfitti; e la Provvidenza, se deve da qualche pretesto umano trarre motivo alle sue misericordie, certo si piegherà a benedire quei popoli per cui gente disinteressata ha perduto la gloria proprio per salvare l’onore”.
“Un buon leader politico – afferma Papa Francesco – opta sempre per iniziare processi più che possedere spazi”. Quanto questo sia vero lo scriveva, qualche anno fa, Alfredo Carlo Moro, fratello dello statista, Aldo, ucciso dalle Brigate rosse. Si tratta di considerazioni lungimiranti e, proprio per questo, attualissime, che è opportuno riportare sine glossa. Serve “una politica basata sull’attenzione verso il nuovo che avanza e le esigenze più profonde dell’uomo (…); una politica che tende a tradurre, per quanto possibile, i grandi valori anche del messaggio cristiano nella vita sociale ma mantenendo la distinzione tra fede e storia e tra messaggio di salvezza e autonomia delle realtà terrene; una politica rispettosa della Chiesa ma anche dello Stato e che non cerca di strumentalizzare la religione mercanteggiando privilegi in cambio di consensi; una politica fatta di riflessione ed approfondimento dei problemi e non sostanzialmente pubblicitaria in cui il carisma dell’immagine è tutto a scapito del carisma delle idee (…); una politica dell’incontro che si contrappone a una politica dello scontro per cui è più significativo essere contro qualcuno che costruirsi un’identità e un programma; una politica della lealtà contro una imperante politica della furbizia tutta imperniata su tatticismi e sul proclamare nei programmi una cosa convinti di realizzarne in realtà un’altra; una politica radicata nella ricerca dei valori e nella capacità progettuale contro una politica ridotta a pragmatica gestione dell’esistente; una politica della graduale tenace costruzione contro una politica dell’improvvisazione”.
Chi in campagna elettorale smanetta troppo sul Web si candida a non avere tempo per guardare i dossier: cercherà le convenienze del momento, non il bene comune!
 
+ Gualtiero Sigismondi