Omelia festa della dedicazione della Cattedrale e della consegna del piano pastorale

25-09-2022

Un Gesù con le cordicelle, impegnato a rovesciare tavoli, ci fa una certa impressione. Sta nella pura tradizione dei gesti profetici. Quando Dio ci vuole dire cose importanti, usa segni forti. E, in effetti, nella purificazione del tempio, c’è l’interrogativo, direi la “requisitoria”, di Dio al suo popolo, ma anche all’umanità intera. Che cosa ne abbiamo fatto del suo tempio? Il tempio di pietra, che esprime sensibilmente la sua presenza e la sua alleanza. Ma anche il tempio del mondo, uscito bello e armonioso dalle sue mani e devastato dalla nostra incuria. Il tempio della nostra persona, fatta a immagine di Dio e sciupata da una libertà usata per i nostri capricci. Il tempio della famiglia, voluta da Dio come espressione del suo mistero di relazione trinitaria e diventata oggi, in una cultura individualista che tutto presume di piegare al narcisismo dei nostri istinti, un’idea vaga e deformabile in tutte le direzioni. Che cosa abbiamo fatto del tempio della nostra fraternità, continuamente infranta, dal primo assassinio della storia perpetrato da Caino nei confronti del fratello Abele fino ai massacri delle tante guerre di oggi e all’incredibile tragedia che si sta consumando in Ucraina. Che cosa abbiamo fatto degli infiniti poveri, dimenticati da una economia vorace che accumula nelle mani di pochi le risorse dell’umanità e agli altri procura disagi e talvolta una vita di inferno. Che cosa abbiamo fatto dei più piccoli in assoluto, i più innocenti e invisibili, i concepiti nel grembo materno quali tutti siamo stati, alla cui strage silenziosa ci siamo abituati legittimandola persino con un presunto diritto.

L’ira di Gesù nel tempio non va intesa come un piccolo, seppur severo, atto di regolamentazione liturgica. È la liturgia del mondo che è in gioco. È la domanda di fondo che ci viene fatta: che fine ha fatto la vostra fede? Sono ancora il vostro Dio? O mi avete sepolto nel vostro delirio di onnipotenza?.

Cari fratelli e sorelle, è il giorno della dedicazione della Cattedrale, grande festa in cui vi consegno anche il piano pastorale, come mio specifico servizio di pastore dalla cattedra di San Feliciano. La cattedrale è il simbolo di un popolo unito in Cristo intorno al pastore visibile che lo rappresenta. Il piano pastorale è quello che vi ho dato l’anno scorso col titolo di “Vangelo – Famiglia – Giovani – La nuova frontiera della missione”. Ve lo riconsegno integrato con alcuni accenti che segnano il cammino specifico di quest’anno. Ricevetelo per amore di Gesù. Le sue parole e i suoi gesti severi al tempio ci scuotono e ci richiamano a nuova responsabilità. Le sue cordicelle sono ammonitrici, ma in definitiva curatrici e salvifiche. È Gesù che torna a far risplendere ai nostri occhi il suo mistero  di tempio vivo, il suo volto di Crocifisso-Risorto

E questo è soffio di speranza. Offerta di risurrezione. Bussola di futuro. Dio non ci lascia in preda alla nostra rovina. È ormai lui, Gesù, il nuovo e definitivo tempio, e noi tempio in Lui e con Lui. La sua carne, che è la nostra carne, è diventata la carne di Dio. Aggrappandoci a questa carne, che ci viene persino data da mangiare nell’eucaristia e risplende nella parola di Dio, noi ritroviamo il coraggio di ripartire, la cordicella a cui aggrapparci, il punto di leva per risalire la china e dare un senso alla nostra vita e vitalità alle nostre parrocchie, testimoniando al mondo che una salvezza c’è e non c’è motivo di disperare. Quando ieri il Papa ad Assisi ha parlato a mille giovani economisti, mostrando questo futuro della profezia cristiana tanto bene espressa dalla vita di Francesco di Assisi, ha voluto dare questo segnale.

Mettiamo mano, cari fratelli e sorelle, al tempio vivo di Dio che è la Chiesa, ferita dalla nostra incoerenza, come la nostra bella cattedrale è stata ferita dal terremoto. Desideriamo rivedere la nostra cattedrale al più presto più bella che mai. Ma è così che dobbiamo desiderare anche la Chiesa. Facciamo squadra intorno a Gesù, come l’antico popolo, nella prima lettura, si stringe intorno a Salomone. La consegna del piano pastorale e degli orientamenti annuali deve significare

 

questo. Non possiamo camminare come un popolo sparpagliato e allo sbaraglio. Siamo il tempio e il corpo di Cristo: dobbiamo camminare insieme!

Perché questo avvenga, negli orientamenti vi addito la forza della preghiera, quella liturgica innanzitutto, ma anche quella personale. Vi riconsegno in particolare la preghiera diocesana, per scandire ogni giorno, nelle nostre chiese e direi ancor più nelle nostre case, la nostra consacrazione battesimale, che rimane incisa per sempre nel nostro spirito, ma dev’essere rinverdita dalla nostra consapevolezza e dalla nostra coerenza. Vi riconsegno Gesù, nostro Amore, nostro Tutto, del quale vogliamo vivere in tutti i nostri pensieri, sentimenti e progetti. Gesù, del quale vogliamo vivere l’amore verso tutti, ma specie verso i più poveri. Gesù, dal quale vogliamo accogliere la mistica unità che egli invocò nella sua preghiera sacerdotale, e diventare, ogni giorno più, un cuor solo e un’anima sola, come i primi cristiani, perché il mondo possa credere che davvero egli è mandato da Dio, il Figlio eterno fatto carne, amore e splendore del Padre, che dev’essere anche amore e splendore della nostra umanità.

Il nostro impegno di quest’anno, parte da questa preghiera, che si fa missionaria, evangelizzante, sanante, per espandersi dentro il reticolo delle nostre relazioni, ricostruire la famiglia fondata sul matrimonio secondo il disegno di Dio, tessere insieme la famiglia spirituale, che vede i figli di Dio uniti nelle loro diversità riconciliate e armonizzate, aprendosi gli uni agli altri, spalancando gli uni agli altri le case e i cuori, sapendo, da un lato, di essere popolo e dunque assemblea santa che vive insieme e con gioia i momenti comuni, imparando, dall’altro, ad essere una rete di rapporti vitali, nel concreto di piccoli gruppi animati dal Vangelo, come nelle “case della Chiesa” (domus ecclesiae) del primo cristianesimo: l’uno accanto all’altro, volti che si riconoscono, solitudini che si incontrano, povertà che si lasciano nutrire, malattie che si lasciano curare dal balsamo di una carezza. E tutto ciò espresso non soltanto entro i confini ecclesiali, ma anche nel più vasto spazio della società, dove il Vangelo ha tanto da dire alla cultura, all’arte, all’economia, alla politica, perché è la bella notizia di cui il mondo ha assoluto bisogno.

Negli orientamenti che sto per darvi, vedrete questo indirizzo applicato in modo speciale ai giovani, ai nostri ragazzi di catechismo e di oratorio, così facilmente sottratti, nell’adolescenza, alla luce del Vangelo e alla vita ecclesiale. Leggerete per questo un caldo invito a dare corpo a quello che la nostra assemblea programmatica ha auspicato, e cioè a un impegno più continuativo, perché i tempi oratoriali, per lo più ristretti alle nostre iniziative estive, si dilatino per portare frutti più maturi. Troverete anche la proposta di un modulo educativo da sperimentare con l’aiuto del nostro Laboratorio di rinnovamento pastorale, perché questo impegno verso i ragazzi, pur aprendosi per principio a tutti e non lasciando fuori nessuno, si sottragga alla tentazione del genericismo, imparando dallo stile di Gesù a parlare a tutti ma a chiamare alcuni come segno per tutti. È un modo di coltivare la dimensione vocazionale, aperta a tutte le vocazioni, facendo ai ragazzi che mostrano disponibilità e sensibilità una proposta di crescita robusta, centrata sul Vangelo. Mi è parso utile dare a questo modulo una scansione per età e un nome ispirante, quello di “Ragazzi amici del Vangelo” e di “Giovani annunciatori del Vangelo”.

Vi prego di accogliere con spirito di comunione queste proposte. Le ho maturate in un lungo periodo di preghiera e di malattia, che ho trascorso tutto in questa comunità folignate ricevendone affetto e premura, estendendo gli stessi orientamenti alla Chiesa sorella di Assisi, Nocera e Gualdo, perché, nella distinzione delle tradizioni, la comunione, e quasi l’emulazione, rendessero il passo ancor più spedito.

San Feliciano, e soprattutto la nostra dolcissima Madre Maria, ci ottengano la grazia di un nuovo slancio, anzi il fuoco di una nuova Pentecoste. Veni, Sancte, Spiritus! Vieni, Spirito Santo! Così sia.