Festa della Liberazione

25-04-2019

Il 25 aprile, festa della Liberazione, rappresenta un punto di arrivo e di partenza. Di arrivo, perché conclude la dolorosa vicenda della guerra. Di partenza, perché nel momento stesso in cui quella dolorosa parentesi si chiudeva, subito se ne apriva un’altra, quella della ricostruzione, civile e istituzionale, d’Italia. A ricostruire il Paese furono le stesse forze politiche che erano state forgiate dalla comune esperienza della Resistenza ed esaltate dalla Liberazione, e lo fecero a partire dalla sua Carta fondamentale: la scrittura della Costituzione della Repubblica vide infatti realizzarsi, in un unicum di straordinaria importanza, una collaborazione storica tra due blocchi che, seppur profondamente divisi, seppero unire le loro migliori energie ed intelligenze intorno a una comune idea non solo di Stato, di società e di cittadino, ma anche e soprattutto di uomo. Fu quello, il passaggio fondamentale che decise il destino di un Paese che era passato dalla debolezza del regime liberale all’esperienza del Ventennio e si era, infine, ritrovato in macerie. Ricostruire significò allora per prima cosa scegliere: scegliere di abbandonare la monarchia, di deporre le armi, di preferire la via della pacificazione a quella della vendetta.
La coesione tra le forze politiche fu il segreto della rinascita che non si chiuse entro i confini del Paese, ma seppe guardare oltre, all’Europa, alle sue radici ebraico-cristiane, affermando tre principi in un ordine coerente: libertà, solidarietà, sussidiarietà. È necessario tornare a rileggere la lezione dei padri fondatori dell’Europa, fra i quali si distinguono Robert Schuman, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, i quali ritenevano che l’Europa non avrebbe potuto farsi una sola volta, né si sarebbe costruita tutta insieme; essa, a loro giudizio, sarebbe sorta da realizzazioni concrete, creando anzitutto una solidarietà di fatto. Schuman era consapevole che la fusione della produzione di carbone e acciaio avrebbe assicurato subito la costituzione di basi comuni per lo sviluppo economico e avrebbe contribuito al rialzo del livello di vita e al progresso delle opere di pace. “Se potrà contare su un rafforzamento dei mezzi – osservava Schuman – l’Europa sarà in grado di proseguire nella realizzazione di uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del continente africano”. Come la ricostruzione dell’Europa, dopo la seconda guerra mondiale, ebbe bisogno del Piano Marshall, chiamato European Recovery Program, così la rifondazione dell’Unione europea non avrà inizio fino a quando il Mediterraneo continuerà ad essere una “fossa comune”.
“Il Mediterraneo, storico bacino di civiltà, non sia un arco di guerra teso, ma un’arca di pace accogliente”: queste parole di Papa Francesco lasciano chiaramente intendere che il destino del vecchio continente non avrà futuro se l’Unione europea volterà le spalle al continente africano, in cui ristagnano tutte le povertà che incombono sulla terra. Grande è la responsabilità che non solo la geografia ma anche la storia, persino la pagina della Liberazione, consegnano al nostro Paese!

+ Gualtiero Sigismondi