Distinguere non è discriminare

21-06-2015
Distinguere non è discriminare
 
Il comitato “Difendiamo i nostri figli” ha dato appuntamento in Piazza San Giovanni a Roma, il 20 giugno, a tutte le persone di buona volontà, credenti e non credenti, non per alzare barricate ma nemmeno bandiera bianca, perché la famiglia, cellula della società, è minacciata dallo tsunami della teoria del “gender”. Anche chi non crede in Dio ma è in grado di riflettere sul diritto naturale, cioè su quella legge che vale in ogni epoca e per ogni popolo, può con il buon uso della ragione giungere a comprendere che il matrimonio è intrinsecamente indissolubile, che l’aborto è uccisione di una vita umana, che il matrimonio omosessuale è una contraddizione in termini che deforma la finalità unitiva e procreativa dell’atto coniugale. “Il vero sconfitto, nei grandi dibattiti etici degli ultimi decenni – osserva Francesco D’Agostino – non è stato il cattolicesimo, ma il diritto naturale. Il vero vincitore non è stato l’illuminismo razionalistico, ma l’ideologia. Quanto più i cattolici acquisteranno consapevolezza di tutto questo, tanto più essi potranno partecipare nel modo giusto – senza essere arruolati nelle truppe dei tradizionalisti o, al contrario, in quelle dei contestatori – a questo dibattito: quello di non lanciare anatemi, ma amare il mondo, continuando a rivendicare un buon uso della ragione umana, cioè del diritto naturale o, se si preferisce, dell’ordine della creazione”.
Quando si abbandona il sentiero della ragione, nella sua tensione verso la verità, resta aperto solo il pericoloso precipizio dell’ideologia, come quella del “gender”, che vorrebbe far credere che le “unioni aggregative” – quelle arcobaleno! – sono assimilabili alle “unioni generative”, cioè alla famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. La netta distinzione tra le “unioni aggregative” e le “unioni generative” non ha carattere confessionale ma razionale! Distinguere non è discriminare ma prendere le distanze da quelle teorie per le quali l’identità sessuale non coincide con i caratteri biologici di maschio e femmina. La diffusione di questa “epidemia ideologica”, favorita da legislazioni che equiparano il matrimonio a forme di convivenza che annullano l’identità sessuale, pone la scure alla radice della struttura familiare. L’epidemia del “gender” rischia di assumere sempre più le proporzioni di una pandemia anche in ragione del fatto che, aprendo una breccia alla maternità surrogata che riduce il grembo di una donna ad una incubatrice, priva i figli della gioia di avere un padre e una madre e fa passare l’idea che essi non vadano attesi come un dono ma possano essere programmati come un diritto. L’assalto della “colonizzazione ideologica” delle teorie di genere insidia persino i programmi scolastici, lasciando intendere, surrettiziamente, che l’identità sessuale sia un prodotto della cultura anziché un dono della natura.
Pietro Prini, un noto intellettuale cattolico, alla vigilia dell’Anno 2000 ha dato alle stampe un testo dal titolo Lo scisma sommerso. A suo avviso, mentre nei primi secoli del cristianesimo si sono verificati scismi ecclesiali vissuti, per così dire, alla luce del sole, alla fine del secondo millennio avrebbe avuto inizio uno scisma analogo, la cui caratteristica è di essere, però, sommerso. Esso si starebbe consumando attorno a temi riguardanti la morale familiare e sessuale, rispetto ai quali molti battezzati hanno ormai preso le distanze dal Magistero. È per questo che Papa Francesco, fedele alla suprema lex della salus animarum, raccomanda alla Chiesa di annunciare il Vangelo della famiglia in tutta la bellezza e la chiarezza della sua ragionevolezza, ripartendo sia dall’Humanae Vitae del beato Paolo VI, sia dalla Familiaris Consortio e dall’Evangelium Vitae di san Giovanni Paolo II.
 
+ Gualtiero Sigismondi