Relazione al Consiglio Pastorale Diocesano

Foligno, 22 aprile 2016
CONSIGLIO PASTORALE

La liturgia del tempo pasquale, sintonizzata sulle frequenze degli Atti degli Apostoli, ci ricorda – scrive Paolo VI al n° 14 dell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi – che “evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda”. La prima comunità cristiana sperimenta che lo Spirito santo è il protagonista dell’evangelizzazione: è Lui che precede, accompagna e segue l’opera degli evangelizzatori, presiedendo al dialogo tra la parola di Dio e la sete di verità che inquieta il cuore dell’uomo. La dispersione dei cristiani, provocata dall’infuriare della persecuzione, non arresta ma accelera la corsa della Parola che, a poco a poco, lascia la sinagoga e si diffonde lungo la strada, intercettando in ogni dimensione umana un’attesa che la speranza cristiana è chiamata ad allargare.

Muovendo dalla consapevolezza che “il dono della grazia divina precede ogni possibile risposta e realizzazione umana” è necessario interrogarsi seriamente su come la Chiesa, nelle circostanze attuali, possa corrispondere al meglio alla propria missione. Non bastano operazioni pastorali estetiche, un semplice face-lifting, o l’utilizzo dei moderni metodi di comunicazione, per quanto utili essi possano essere per creare ponti e favorire l’incontro, l’inclusione. L’avanzare del processo di “desertificazione spirituale” impone un grande investimento formativo sul piano della maturazione della fede, la quale “vede nella misura in cui cammina, in cui entra nello spazio aperto dalla parola di Dio”. Non si tratta solamente di un cammino verso l’interiorità e neppure soltanto di un cammino indietro, di ritorno alle fonti: si tratta piuttosto del cammino degli uni verso gli altri. Senza questo deciso orientamento sinodale è impossibile discernere i passi da fare e, soprattutto, i passaggi da compiere.

–    Passare dalla pastorale del come, fossilizzata nel cercare ricette metodologiche, a quella del perché, impegnata a “rendere ragione della speranza”. 
–    Passare dalla pastorale del campanile a quella del campanello, senza rinunciare al suono delle campane, ma senza rimanere seduti ai piedi del campanile.
–    Passare da una pastorale che “predica ai bambini e benedice gli adulti” ad una pastorale che “benedice i bambini e predica agli adulti”.
–    Passare da una pastorale che si esaurisce nel compiere opere di volontariato ad una pastorale che investe nella formazione alla politica, quale “forma più alta della carità”.
–    Passare da una pastorale che concepisce la vita cristiana come un abito da vestire in privato ad una pastorale che educa i credenti a “ordinare le realtà temporali secondo Dio”.
–    Passare da una pastorale troppo clericale, che si limita a reclutare manovalanza, ad una pastorale che sa discernere i diversi carismi e li fa convergere.
–    Passare da una pastorale rassegnata a sbarcare il “lunario” dell’anno liturgico ad una pastorale capace di “stare con l’orecchio nel cuore di Dio e la mano nel polso del tempo”.

Papa Francesco, intervenendo a Firenze al 5° Convegno Ecclesiale Nazionale, ha raccomandato di avviare, in modo sinodale, un approfondimento dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, per attuare il passaggio da una Chiesa “in stato di assedio” ad una Chiesa “in uscita missionaria”. “Invece di essere solo una Chiesa che accoglie e che riceve tenendo le porte aperte, occorre essere una Chiesa che trova nuove strade, che è capace di uscire da se stessa e andare verso chi non la frequenta, chi se ne è andato o è indifferente”. Come il giorno di Pasqua l’annuncio della Risurrezione è passato da “due uomini in abito sfolgorante” alle donne e da queste ai discepoli, così “la fede si trasmette, per così dire, nella forma del contatto, da persona a persona, come una fiamma si accende da un’altra fiamma”. La luce della fede, come una staffetta, passa di mano in mano e ci ricorda che esiste un legame indissolubile tra essere discepoli e missionari.

 

+ Gualtiero Sigismondi
22-04-2016