La P maiuscola – Dialogo con Matteo Truffelli sul “fare politica sotto le parti”

La P maiuscola: cattolici in politica promotori di alleanze per il bene comune

Giovedì 29 novembre all’Istituto San Carlo, luogo storico della formazione religiosa e civile dei cattolici folignati, davanti ad una numerosa e giovane platea il Presidente nazionale dell’Azione Cattolica Matteo Truffelli ha presentato il suo ultimo libro, “La P maiuscola, fare Politica sotto le parti”. Nato dall’invito fatto da Papa Francesco all’ultima Assemblea Nazionale – mettetevi in politica, quella con la maiuscola! -, il volume vuole dare alcune indicazioni all’AC e alla comunità cristiana per concorrere alla costruzione del bene comune. Ma cosa significa stare “sotto le parti”? “Il mondo ecclesiale – ha esordito Truffelli incalzato da Enrico Presilla – è abituato a stare ‘sopra le parti’, cercando equilibrio ma anche auto-attribuendosi una certa superiorità giudicante. La risposta non è neanche fare politica ‘tra le parti’, un collateralismo che si schiera aprioristicamente con qualcuno o contro qualcun altro. Del resto, la Chiesa non deve neanche ‘farsi parte’, perché non ha interessi da difendere che non siano quelli di chi ‘sta sotto’, di chi ha meno voce, dei deboli sui quali pesano tutte le nostre scelte politiche, che non sono solo le opzioni di voto ma anche gli stili di vita”. Tutto questo sta alla base degli appelli della Chiesa a un rinnovato impegno politico dei laici, che però purtroppo non si traducono nei fatti. “La Chiesa ha paura della politica, non tanto per sfiducia nei laici, ma perché essa è l’ambito della divisione, mentre la comunità ecclesiale cerca l’unità. Il piano ecclesiale e quello civile devono coesistere senza sovrapporsi: nella politica ci si deve dividere per rispettare una sana pluralità di visioni, pur conservando un’autentica unità a livello ecclesiale”. Serve un partito cattolico, quindi? “La DC è stata un’esperienza positiva, ma bisogna capire se oggi ci siano le condizioni e l’esigenza per ripeterla tale e quale. Negli ultimi anni, per paura delle divisioni non si è più parlato di politica in ambito ecclesiale. Quindi è importante parlare del ‘contenuto’, più che del ‘contenitore’. Cosa possono dare i credenti, oggi, all’Italia? Come possono tradurre politicamente la ricchezza di persone, relazioni, passione del mondo cattolico?”. Matteo Truffelli ha quindi introdotto il tema cruciale delle “alleanze”, ricordando come la politica dei cattolici debba “farsi carico delle questioni reali, fare proposte buone e scelte concrete rivolgendosi a tutti gli uomini di buona volontà per coagulare consenso, uscire dai propri linguaggi, argomentare senza dare per scontato nulla e cogliere la complessità”. Quanto ci si può sporcare le mani, allora? “Le alleanze sono un elemento fondamentale, non una variabile. Il nostro Paese si sta frammentando: dobbiamo recuperare il senso della politica come confronto superando la necessità di schierarci ‘pro o contro’, senza vie di mezzo. L’Italia ha bisogno di alleanze intergenerazionali tra giovani e adulti, tra italiani e stranieri, tra nord e sud, tra città e campagna… e se le alleanze sono per il bene di tutti non hanno limiti se non nella possibilità di cercare insieme il bene comune. Compromettersi è mettersi in gioco, lasciarsi cambiare. Del resto, possiamo dire che i valori non sono mai ‘negoziabili’, ma vanno tutti tradotti storicamente. E non esistono politici cattolici con il ‘bollino di qualità’: semmai non si può essere ‘credenti con il bollino’ senza impegnarsi in politica, anche se talvolta si è malvisti dai pastori”. Qual è, allora, l’apporto specifico dei credenti? “Vincere l’indifferenza, vivendo la politica come un progetto del futuro portatore di speranza. Finite le grandi narrazioni, è stata adottata una politica troppo pragmatica, amministrativa, senza radicamento ideale e valoriale. Eppure essa è l’arte della costruzione del possibile, non solo la gestione dell’esistente. E dobbiamo formare tutti, a partire dai media, un pensiero critico che scenda sotto la superficie e che aiuti a stare nei diversi contesti con responsabilità. In definitiva, si è buoni politici quando si è buoni cittadini, quando si difendono con la democrazia le ragioni degli ultimi. Del resto, la tenuta del tessuto sociale dipende dalla tenuta dell’anello più debole della catena e lo stesso bene comune è un prodotto, non una somma: annullando il bene di una persona si annulla il bene di tutti”. Un esempio, Truffelli lo ha presentato in risposta alla domanda di un ragazzo: “il sovranismo non può essere una forma di legittima difesa di una nazione, perché implica la supremazia di un popolo sugli altri, causando l’annullamento del bene comune”. Ha concluso l’incontro il Vescovo Mons. Gualtiero Sigismondi, che proprio nell’attitudine a ricercare il bene comune ha individuato la caratteristica dello statista e del buon amministratore, che la Chiesa intende formare e incoraggiare, aprendo una nuova stagione per l’impegno politico dei cattolici. Fabio Massimo Mattoni